Dal momento che da poco sto vivendo (con grande entusiasmo) la paternità, voglio condividere qui sul mio sito quello che sto apprendendo leggendo libri (ad es. “Il linguaggio segreto dei neonati” della puericultrice Tracy Hogg); scriverò quindi non tanto da psicologo (visto che non mi occupo di bambini) ma da genitore alcune indicazioni che mi sembrano ispirate da esperienza e buon senso e che mi sembrano utili, precisando che essere genitori è un mestiere difficile e che questa guida va presa come un aiuto e non come qualcosa per cui sentirsi in colpa se non la si riesce a rispettare. Infatti, quando il pianto dei propri figli non cessa, è naturale sentirsi talvolta inadeguati, ma è molto importante non abbandonarsi al vissuto di impotenza e provare a fornire risposte anche sbagliate, perché tutto è meglio rispetto a nessuna risposta (“neglect” o trascuratezza) o a una risposta di rabbia: in queste due ultime situazioni, il figlio apprende che il genitore da cui cerca supporto non lo prova ad aiutare o si arrabbia con lui e rischia di difendersi tramite la dissociazione, che è uno dei maggiori predittori dello sviluppo di psicopatologia d adulti.
Uno dei maggiori interrogativi per i genitori è il SONNO.
La Hogg parla di “sonno ragionevole” come via di mezzo tra la teoria del co-sleeping di Sears (il dormire nel “lettone” insieme con i genitori) e quella della “risposta ritardata” di Ferber, che raccomanda il mettere il bambino nella culla quando è ancora sveglio e insegnargli a dormire da solo, quindi incoraggia i genitori a mettere i bambini nella culla e a farli addormentare da soli come nella seconda teoria e a fornire loro il conforto quando sono in difficoltà come nella prima.
Pertanto non vanno lasciati piangere ma possono essere presi in braccio per poi essere rimessi giù nella culla appena il loro bisogno è stato soddisfatto.
Inoltre è importante non intervenire al primo rumorino per non interrompere il flusso naturale del sonno e lasciare che il bambino si riaddormenti da solo, senza renderlo dipendente da aiuti esterni nella fase dell’addormentamento e del riaddormentamento: a tal proposito, si possono dare alcuni colpetti dolci sulla schiena se il neonato ha un sobbalzo appena è stato messo nella culla (questo sobbalzo con un’apertura improvvisa degli occhi può rientrare nella fase 3 del sonno della Hogg, il “lasciarsi andare”, e si può ripetere anche 5 volte prima dell’effettivo addormentamento).
Le altre 2 fasi del processo di addormentamento che dura circa 20 minuti sono:
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l’attimo: sbadigli e altri segni di stanchezza come il ritrarre la testa da oggetti o persone, l’affondare la testa nel petto dei genitori, l’inarcare la schiena all’indietro, il roteare gli occhi, il tirarsi le orecchie o grattarsi il viso; il terzo sbadiglio è “l’attimo” in cui la Hogg consiglia di mettere a letto il neonato
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la zona: il bimbo fissa un punto lontano per 3-4 minuti.
È importante osservare e annotare in un diario il sonno del proprio figlio per conoscerne orari e rituali in modo da poterli riprodurre, visto che i bambini hanno bisogno di abitudini.