Netta Ofer Ziv, nel webinar promosso da ISC “Gestire le emozioni più profonde ai tempi del coronavirus: utilizzare l’approccio esperienziale AEDP per elaborare le paure irrisolte”, illustra l’approccio dell’AEDP (Psicoterapia Esperienziale Dinamica Accelerata) come modello utilizzabile per la paura da coronavirus, così come per altri tipi di perdita o di paura.
La paura:
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è un’emozione profonda spiacevole
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è elicitata dalla presenza di segnali che indicano che sta per accadere qualcosa di brutto o di pericoloso
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comporta una forte tendenza all’azione che ci spinge a cercare protezione dal pericolo e/o dall’evento negativo.
Le tendenze adattive all’azione della paura sono:
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chiedere aiuto a un’altra persona nelle vicinanze, preferibilmente più forte e più saggia (attraverso il pianto, la ricerca della prossimità)
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scappare via
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attaccare la fonte del pericolo (attraverso la rabbia)
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modificare le circostanze in modo da attenuare o evitare il pericolo (es. convincere l’aggressore a non attaccare o bloccare la fonte dell’aggressione; prendere farmaci; adottare altre misure di protezione).
Quando i bambini hanno paura, spesso i genitori bloccano la fonte della paura (es. accendono la luce se i bambini hanno paura del buio), anziché aiutarli ad elaborarle, ma questo è impossibile rispetto ad alcune paure della nostra vita adulta, come il coronavirus, perché è impossibile evitarle o bloccarle. Altre volte, addirittura, i genitori, possono indurre vergogna nei bambini perché provano paura dicendo loro “non fare la femminuccia”, non far lo stupido”, per cui quei bambini tenderanno a nascondere la loro paura o a distrarsi per non mostrarla.
Ofer illustra il triangolo dell’esperienza relativo alla paura, adattandolo al coronavirus:
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prima si prova una paura profonda: paura di ammalarsi, di perdere una persona cara, di vivere una crisi economica
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la prima reazione è un’ansia da disintegrazione (paragonabile a un attacco di panico)
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di fronte a tale ansia, la persona si può difendere ignorando la paura, distaccandosi da essa, ridicolizzandola o razionalizzando, sentendosi potente e completamente resiliente.
La soluzione terapeutica è rimanere con il paziente mentre sente la propria paura e aiutarlo ad eleborarla fino in fondo, aiutarlo a rendersi conto e a imparare, in modo esperienziale, che può comunque provare paura e restare comunque integro. Così il paziente può sviluppare le risorse adattive rispetto alla paura (cosa può fare per affrontarla) e, se non può fare nulla, comunque elaborarla.
Cosa può fare il terapeuta per aiutare il paziente ad elaborare la paura?
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Il primo passo per aiutare ad elaborare la paura è rallentare, perché il sistema della paura è molto rapido quando si attiva, per cui la persona non riesce a ragionare.
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Il secondo passo è essere presenti, essere molto vicini al paziente, ribadire al paziente esplicitamente che gli si è vicini, che si è al suo fianco nell’affrontare quella paura.
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Inoltre è importante validare la paura attraverso una presenza amorevole e affettuosa, perché spesso le persone provano vergogna per la loro paura e per la loro difficoltà a controllarla.
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Infine è importante esplorare la paura, approfondire, che cosa si immagina che cosa possa accadere, che cosa sente nel corpo.
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Essere pazienti, insistere in modo affettuoso e amorevole, superando le difficoltà e le resistenze del paziente ad andare in profondità.
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Riflettere insieme col paziente su come si è sentito nell’abbandonarsi all’ “ondata” della paura, perché la possa elaborare (meta-elaborazione) e perché possa mettere in atto risorse per affrontare la paura. Se il paziente non può far nulla per evitare ciò che teme (ad es. di fronte alla paura di perdere una persona cara), lo si può aiutare a immaginare ciò che teme, in modo che lui si possa sentire in grado di affrontare anche tali eventi
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Dopo essere stati col paziente sulla paura del presente, si può fare il ponte col passato, chiedendogli se ha già provato una paura simile in passato. Le nostre emozioni intense (core emotions) hanno sempre un legame col passato.
Secondo questo approccio, il terapeuta deve evitare di:
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dire al paziente che è improbabile che accada ciò che lo spaventa
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calmare il paziente utilizzando frasi come “starai bene”, “sei forte abbastanza”, ecc…
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spiegare razionalmente al paziente perché la sua paura non è realistica e non ha senso
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spiegare al paziente che la sua paura riguarda il passato e non il futuro
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avere un atteggiamento cinico e superficiale nei confronti della paura del paziente
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dire al paziente che ciò che lo spaventa a lui non fa paura
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dire al paziente che è raro essere spaventati da una cosa simile
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aiutarlo a guardare alla realtà con una visione più ottimistica.